Qual’è la storia del Torrone? Chi lo ha inventato e quando? Per ricostruire la storia del Torrone, dolce antichissimo, occorre fare alcuni distinguo. Si può indagare la storia del nome attraverso fonti che ne documentino l’esistenza e l’uso. E quella della ricetta, che sotto altri nomi e alcune varianti negli ingredienti e nella forma esiste forse da tempi immemorabili. La storia del Torrone, intesa come storia della ricetta, passa sicuramente per la Copta rodica. Un epigrama latino dal titolo omonimo, composto dal poeta Marziale, fornisce infatti importanti indizi sull’esistenza del Torrone in epoca romana.
Dalla Copta Rhodiaca al Torrone
Copta Rhodiaca
Peccantis famuli pugno ne percute dentes:
Clara Rhodos coptam quam tibi misit edat
(Epigrammi – Liber XIV – 69, LXIX Copta Rhodiaca)
Il breve componimento che già all’epoca di Marziale aveva assunto “il carattere ed il tono di arguzia ironica e mordace” liberamente tradotto suona più o meno così: “Se il tuo schiavo è colpevole, non spaccargli i denti con un pugno, regalagli il celebre dolce di Rodi che ti ho mandato!”
Certo, il caustico umorismo di Marziale non avrebbe funzionato se tale dolce non fosse stato, per così dire, abbastanza complicato da masticare. E la battuta finisce per chiarire bene la consistenza della celebre Copta rodica, molto simile ad un croccante.
La Copata senese e la Cupeta piemontese
Per quanto riguarda la forma della Copta Rhodiaca ci facciamo aiutare invece dalla traduzione latina di Copta che, secondo il Dizionario Olivetti online, è una sorta di dolce secco, simile ad una focaccia. Un’analogia questa, ci pare di intuire, non tanto dovuta agli ingredienti, quanto piuttosto alla forma rotonda. La stessa forma originaria di tante antenate del torrone come la Copata senese e la Cupeta piemontese, tanto per citarne solo alcune. Ed è andando a conoscere questi antichi dolci, nelle loro varianti regionali, che scopriamo quali ingredienti si sono tramandati sino a noi, a partire dalle mandorle ed il miele.
Storia del torrone, il reparto Delikatessen dell’antica Roma
Appurato che, quanto a consistenza, la Copta rodica doveva proprio assomigliore ad un croccante o ad un mandorlato e, quanto a forma, ad una Copata senese, chiediamo un altro aiutino agli antichi romani. Andando a dare un’occhiata sul fronte latino viene fuori infatti che con cūppa (latino tardo) si indicava la coppa (la tazza, il fusto, il barile e addirittura la manovella da frantoio ed il sarcofogo) e con cuppēs un golosone, mentre cuppēdo, era la golosità, la leccornia, la cupidigia, il desiderio e la brama. Inoltre, ora come allora, al reparto Delikatessen dell’antica Roma tutto girava intorno ad una coppa (che attenzione era entrata in concorrenza con la pătĕra più in uso sul versante sacro ed il pōcŭlum, utilizzato soprattutto per bere).
Coppette per ogni sfizio, dolce o salato
Certo è che si spizzicavano in coppette le deliziose specialità del tempo, dolci o salate che fossero. Come oggi si brinda in coppe o si ordina una coppa di champagne per celebrare un giorno speciale. Inoltre, la coppetta, ora come allora, risveglia ricordi e desideri di golosità solo temporaneamente assopiti. Quello di un buon gelato, ad esempio, che celebra l’estate, il mare e la spensieratezza di bambini ed adulti. Oppure di un goloso dessert. Insomma, quando si tratta di lasciarsi andare al desiderio e alla brama, da tempi antichissimi, c’è sempre posto per una bella coppetta.
Storia del Torrone, dalla Copta rodica alla Cupeta latina
Questo fa avanzare l’ipotesi che in fatto di prelibatezze romane in principio era una coppa che in qualche modo c’entrava sempre. E se allora, per acquistare il dolce bramato, occorreva rivolgersi al cuppedinarius, al venditore di leccornie o pasticcere, nel Salento i cupetari continuano a vendere croccanti ghiottonerie alle feste patronali, come il gustoso croccante salentino: la Cupeta. E quale poteva essere la golosità per antonomasia? Secondo noi un buon Torrone (croccante o cupeta che dir si voglia) avrebbe avuto tutte le carte in regola per aggiudicarsi il primato di cuppēdo per eccellenza.
L’origine della Cupeta, spiegata da Ferrari
Ma a spiegare la costante presenza di Copate, Cupete e Coppette in contesti gastronomici di squisita natura, che spaziano in millenni di storia, e ad aver ricostruito l’origine greco-latina della Cupeta, sono stati soprattutto grandi studiosi del passato. Come Ottavio Ferrari che nel 1676 pubblicò le Origines linguae Italicae. Cupeta, secondo l’illustre professore di Umanità greca e latina all’Università degli studi Padova (1639), derivava da Copta, una parola arcaica di orgine greca, che qualcun altro in Sicilia associò all’aggettivo tondo. E non stupisce che proprio la Sicilia antica fosse memore di un greco dotto, legato all’influenza dello ionico, e parlato a Catania, Messina e Naxos. Un’altra tesi, oggi sostenuta da più parti, fa discendere invece tutte le antenate del Torrone dalla Cubbaita siciliana, a sua volta etimologicamente riconducibile, secondo alcuni, all’arabo.
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