gio evan spoleto

“Stasera salvezza, il massacro quando dimentico il sacro”

Tappa umbra per Gio Evan al Teatro Nuovo Giancarlo Menotti di Spoleto il 12 marzo scorso con oltre un’ora e mezzo di canzoni e monologhi nel segno de “la forza della fragilità inossidabile”

In una tranquilla serata di marzo una calda atmosfera attende l’arrivo di Gio, nella stupenda cornice del Teatro Nuovo Giancarlo Menotti, ospitato dalla winter edition del Riverock festival 2024 per la tappa umbra del suo Fragile/Inossidabile tour. La leggera impazienza si fonde con la meraviglia. Dal mio palco, stupiti e rapiti sono una giovane coppia di trentenni di Narni. Per la prima volta a teatro, confidano. Come loro un pubblico, prevalentemente giovane e femminile, si accomoda calmo nei posti assegnati. Presto si aggiungono al nostro palco altre due giovanissime fan del poliedrico artista pugliese Gio Evan, classe ‘88, al secolo Giovanni Giancaspro, nato a Molfetta, partito per l’India giovanissimo e tornato con un bagaglio di mondo interiore da condividere e una raccolta in versi, poi autopubblicata e distribuita. Solo il primo di altri viaggi per le strade del mondo tra Italia, Europa e Sud America. Quando intraprende la via dei socialmedia avviene l’incontro con la folta schiera dei frequentatori della rete.

“Come ho conosciuto Gio”

Una svolta. È proprio in rete, tra aforismi, versi e poesie rimbalzati dai motori di ricerca, che i ragazzi del palchetto hanno conosciuto Gio. Frasi d’amore su Instagram. “Serviva un cartoncino d’auguri per il matrimonio di un’amica”. E ancora: “Mi serve per le parole, sembra come se parlasse a me. Poi le trovo scritte e le uso”. Da allora, tra progetti musicali e scrittura, la strada di Gio è proseguita per un totale di oltre quattordici pubblicazioni, tra poesie e romanzi, le ultime con Rizzoli. E quattro album pubblicati. L’ultimo, “I ribellissimi”, uscito lo scorso gennaio. Quando finalmente atterra sul palco del Teatro nuovo con i suoi musicisti è subito entusiasmo. Chioma alla Caparezza, suo compaesano, salopette e pantaloni risvoltati da artista di strada ed una vulcanica energia che si traduce ogni tanto in passi e saltelli

Inizia così il primo numero. Dal baracchino della birra, ai margini di una festa all’aperto, parla il giullare lanciando parole in acrobatiche evoluzioni di senso. “Stasera salvezza, il massacro quando dimentico il sacro”. Si prosegue per bisticci, controsensi e ironiche convergenze.  E se “l’esile non è esilarante”, “chi ara una terra e dichiara una pace” non può che farci stare meglio, molto meglio. Sorprese affascinanti rivelano le parole se maneggiate con cura. Ma il gioco di parole pur conoscendo i confini dell’ortografia non ne è mai schiavo. Ne nascono poesie. “Saper inaspettare, essere capaci d’improvviso”. “Imprevedremo dritto negli occhi”, quello che avverrà. “Un concetto che manca alla lingua ma non al mio pensiero”.

Da Bergonzoni a Evan

Ogni tanto viene in mente il padre nobile della disciplina, Alessandro Bergonzoni. Ma è un attimo, Bergonzoni travolge, scardina, colpisce il segno nel segno e parla ad un’altra generazione. Gio Evan accompagna verso un universo di riscatto quieto e coccolato. Tassello, dopo tassello scolpisce consapevoli inversioni di senso, conosce l’alienazione da “comfort” e pratica l’eversione dell’abitudine, che assorbe energia e nutre illusioni.  “L’evoluzione è la somma di parole che scegliamo per la nostra vita”. In questo turbinio di giochi di parole, qualcosa ogni tanto scivola giù, ma il più delle volte le invenzioni lessicali, che sprigionano leggerezza e buoni sentimenti senza perdere profondità, trascinano al sorriso. Nel segno de “la forza della fragilità inossidabile” sono anche le canzoni. Un pop melodico, alternativo, ma mai melenso, con bellissimi testi. E quando inizia il concerto, dal mio palchetto arrivano raffiche di parole a memoria cantate sottovoce. Hanno il sapore del conforto segreto nelle giornate grigie. Sono la rivincita morale dalla bestialità quotidiana. Scaldano cuori giovani e ribaltano gli orizzonti di quelli “nati per prendere il largo mantenendoci stretti”. Non promettono mondi che non siano prima di tutto interiori, “perchè è urgente riunirci fra menti e riunirci frammenti”.