Femina, rimappatura del femminile

danza contempornea

Il sé conteso ed il tempo ritrovato

È sottesa nell’attimo e spesso invisibile. Sottovalutata dialettica degli opposti tra battere e levare che incide l’intimo femminile di silenziose battaglie violando l’incantata terra delle origini per determinarne il destino. Con Femina, sapiente lavoro coreografico di Antonella Bertoni, si dispiegano mappe e coordinate di un intimo inesplorato e sofferente. Ed i confini, prima invisibili, prendono forma e sostanza.
Nel qui ed ora dell’ipnosi collettiva, individualità diluite in tanti piccoli frammenti del femminile. Identici ed inconsapevoli, vicinissimi eppure distanti. In un universo, invisibilmente chiuso, i gesti, sono trame già scritte. In ogni istante ritmici, battenti ed inconsapevoli celebranti dell’abisso, nevrotica spaccatura inflitta al sé. Sottrarsene è arduo. Resa e rifiuto, si affrontano negli stessi corpi per ottenerne il dominio. Spiragli lievi si aprono nei controtempi, spazi compressi infarciti di bisogni inespressi. Pulsioni vitali aprono nuovi scorci, scanditi da inesorabili resistenze. All’interno straziato e conteso fanno eco altri eventi.


Là fuori, come bersagli vaganti colpiti da cecchini all’ombra, cadono a terra corpi di bambole bionde. Moriranno ogni volta mentre, dentro, gesti automatici e distanti simulano la cura di sé. Si avvicendano stagioni, cambiano i costumi ma l’intimo è, e rimane, diviso fra desiderio di riscatto e l’imposto dettato del battere. Ticchettio dall’imperturbabile costanza, in intensità crescente.

Goccia inesorabile che picchia sul lavandino di casa attraversando notti e giorni della vita di una donna

La terra è schiacciata dal cielo e dalla verticalità del tempo, non sembra esserci scampo a questa legge millenaria. Eppure, nel cerchio delle danzatrici di Matisse è il tempo stesso a rinascere da questa illusione collettiva. Così la fine dell’illusione incontra l’inizio dello spettacolo, dove un applauso dal palco verso il pubblico, innescato nel prima, dà continuazione al dopo.

Riflessione filosofica e ricerca coreografica partono dal corpo e nel corpo ritrovano terreno per nuovi orizzonti. Ottima l’interpretazione delle danzatrici Sara Cavalieri, Eleonora Chiocchini, Valentina Dal Mas, Ludovica Messina Poerio, che rasentano la perfezione nel rigoroso detttato dei tempi dello spettacolo. In Femina, del resto, ogni elemento è frutto di un lavoro di scavo e levigatura intrapreso nel lungo percorso professionale della Compagnia Abbondanza Bertoni. Dalle eleganti composizioni che strizzano l’occhio ad una classicità rinascimentale, all’accuratezza dei costumi nei quali, stratificati convivono simboli e feticci. E ancora più particolare è il punto di vista sul femminile, disincantato e asciutto con uno sguardo verso possibili, e auspicabili, evoluzioni. Sono tanti i momenti di pura bellezza che rendono Femina uno spettacolo da non perdere.

Isabella Rossi