Dolci tipici origine e misteri dei dolci legati al solstizio d’inverno

Esistono dolci di Natale che hanno un’origine pagana. Una dea, un serpente ed antichi riti ci portano indietro nei culti che precedettero il cristianesimo. Ma le cui impronte rimangono visibili fino ai nostri giorni. Viaggio nei misteri che riguardano alcune delle specialità natalizie più amate e più antiche, per conoscerne la storia, le origini ed imparare a distinguere le versioni autentiche da quelle prive dei requisiti essenziali. A rischio di perdere le antichissime tradizioni.

Dal Friuli alla Sicilia i dolci di antichissima tradizione

Sono tanti i serpenti natalizi che tornano ogni anno sulle tavole degli italiani. Parliamo della Gubana friulana, del Torciglione umbro, del Serpentone laziale, della Rocciata, dell’Attorta o Serpentone umbri, della Pizza figliata campana o del Biscione reggiano. O anche dei Mucatoli ragusani. Solo per citare alcuni dei tanti golosi serpenti che ogni anno, alla fine dell’autunno, portano fortuna e protezione alle famiglie riunite. La loro forma originaria è, inequivocabilmente, quella del serpente arrotolato o della spirale. Anche se oggi imperversano anche versioni lineari di alcuni di questi dolci, ignare o indifferenti alla loro vera origine.

L’editto di Tessalonica mette fine ai culti pagani nell’impero

Tuttavia, ancora una volta, la forma originaria del dolce è un tassello fondamentale per la ricostruzione della sua origine antica. Tale forma, a spirale o raffigurante un serpente arrotolato, ci racconta infatti di un’origine precedente al cristianesimo che divenne religione di stato dell’Impero Romano il 27 febbraio del 380. E per il quale, si sa, il serpente in generale non godeva affatto di buona fama. Così abbiamo intrapreso un viaggio per scoprire cosa accadeva durante le festività del periodo del solstizio, prima che i culti pagani fossero banditi dall’Impero.

torciglione perugino
Il Torciglione di Perugia

Antichi simboli sacri

Nel periodo dell’anno in cui il sole raggiunge la sua minima permanenza sulla terra, facendo calare una notte fredda e minacciosa, l’umanità ha da sempre celebrato con offerte, canti, processioni e preghiere quelle divinità ritenute capaci di assicurare protezione e prosperità e di scongiurare i rigori dell’inverno e celebrare la rinascita della vita. Ma non solo questo. I dolci erano parte integrante delle feste. Proprio come a Natale si consumava allora frutta secca, dolci di marzapane e altre golose specialità. E proprio i dolci di marzapane assumevano forme simboliche. Tra queste anche quella del serpente. Ma perchè proprio il serpente?

Il serpente ed il culto degli antenati

Sacri e addirittura divini erano i defunti per i romani. E a Roma, durante i Saturnali, le festività che in età imperiale si tenevano dal 17 al 23 dicembre, venivano celebrati i Lari. Gli spiriti dei defunti buoni, ritenuti protettori delle famiglie e raffigurati in piccole statuette, chiamate sigilla, che i parenti si donavano a vicenda durante i Saturnali. All’interno della domus ai Lari era riservato il larario, una piccola edicola dove queste divinità (tali erano i defunti), venivano ricordate ed onorate dalla famiglia che vi poneva le sue offerte in forma di piante profumate, fiori, cibi ed incensi.

Il Genius loci a protezione della casa

Raffigurato sul larario, a volte insieme al Lar, era un serpente crestato. Il serpente, simboleggiava il Genius loci, la divinità protettrice del luogo ed inizialmente delle persone che vi abitavano, dalla nascita alla morte (poi si distinsero i protettori a secondo del genere). Il tema iconografico dei serpenti intrecciati è anche presente sulle pareti esterne delle case di Pompei ed Ercolano. A quanto pare, si trattava sempre di numi tutelari che avvertivano che tale luogo era sotto la loro protezione.

La Dea, il serpente ed il solstizio

In effetti, dal caduceo in poi, il bastone alato con due serpenti arrotolati simbolo della medicina, sappiamo che i serpenti nell’antichità occupavano un posto di tutto rispetto. E questo conferma l’importanza di un’antichissima celebrazione. A Roma era venerata addirittura una dea del solstizio di nome Strenua. Il suo nome, di possibile origine sabina, pare si ricollegasse ad un’antica parola il cui significato era salute e benessere generale della persona. Strenua era sempre raffigurata con un serpente arrotolato, forse il suo più importante attributo. Tale serpente la identificava come divinità legata al sacro mondo dell’oltretomba. Altri aspetti la connotavano come divinità lunare e appartenente al mondo naturale e animale.

Strenua, sparito il culto è rimasto il nome

Di questo nome, che fosse di origine sabina o, per altri, di probabile origine greca (dal greco strenòs forza), è rimasto in italiano il vocabolo strenuamente che definisce la forza impressa ad un’azione umana per contrapporsi ad un’avversità. E di questa forza, personificata in una Dea, chiamata anche Strenna, Strena o Strinia, ce n’era di fatto molto bisogno, oggi come allora.

Dea della salute e della prosperità

Secondo la leggenda a Strenua, Dea della salute, della forza e della prosperità, era dedicato un bosco sacro. I romani ne prelevarono dei rami da offrire a Romolo quando protesse Roma con una cinta muraria. Questo rito di offerta rimase alle calende di gennaio, nello scambio di ramoscelli sacri, e più avanti anche di frutta fresca e secca, come fichi e mele, dall’alto valore simbolico, come auspicio di prosperità.

Un simbolo apotropaico

Il serpente, non solo in compagnia della dea Strenua ma anche in quanto raffigurazione simbolica del Genius loci, assunse così anche nell’antica Roma quelle caratteristiche di simbolo apotropaico che gli venivano riconosciute da civiltà molto più antiche, per le quali il serpente era un simbolo apotropaico. Un simbolo sacro in grado di annullare gli influssi maligni e preservare la vita delle persone. Molto ci sarebbe qui da aggiungere ma torniamo a Strenua e con lei ai nostri dolci natalizi.

I dolci di marzapane e le loro forme propiziatorie

Il culto della Dea Strenua, celebrato a Roma con una processione che partiva il primo giorno dell’anno dal suo tempio, scomparve nei secoli. Ma le strenne, conservandone tacita memoria, col tempo divennero i doni che, sotto lo stesso auspicio di prosperità, continuano a scambiarsi gli italiani. Inoltre, durante le celebrazioni del culto di Strenua, sembra che ai bambini venissero dati dei dolci di marzapane che assumevano varie forme propiziatorie. È più che probabile quindi che tra questi ce ne fossero alcuni che raffiguravano l’amato Genius loci romano (di origine etrusca), un serpente amico, e protettore dei luoghi domestici, proprio come quello che la Dea del solstizio portava sempre con sé. Di certo sappiamo che il culto di Strenua non rimase solo a Roma ma seguì le conquiste dell’esercito romano in giro per l’Italia. A partire dalla Sicilia. Della Dea, come dicevamo, sono scomparse le tracce ma, ogni anno, strenuamente i suoi serpenti sacri continuano a tornare sulle tavole degli italiani. Dal Torciglione umbro al Serpentone laziale fino alla Gubana friulana, tanto per citarne alcuni.

Strenua in Sicilia

Una maschera di nome Vecchia Strina o Strina, Vecchia di Natali o di Capodannu, compare nelle notti del 24 e del 31 dicembre, nonché il sei gennaio e nel periodo di Carnevale. Al contrario della Befana, questa Vecchia non si rende invisibile nella notte, ma è accompagnata da orde di ragazzini, i figghi Strina. Secondo la tradizione, sono i suoi figli che, armati di panieri o sacchi, chiedono doni per le case: frutta secca, dolci e denaro.

Strenua in Calabria ed in Puglia

Si chiama strina un canto natalizio o comunque invernale diffuso nel Salento, in Calabria ed anche in Sicilia. Gli strinari vanno a cantare e suonare davanti alle case degli amici per augurargli buon anno e ricevere in cambio del vino e del buon cibo.