Intervista a Marco Betti
Convenzioni ad hoc con le istituzioni cittadine, flessibilità degli orari, qualità degli spettacoli. Ecco perchè il Ministero ha “premiato” la danza in Umbria. Intervista a Marco Betti, dal 2020 responsabile della programmazione della danza per il Teatro Stabile dell’Umbria.
Nella valutazione per il triennio 2022/24 delle rassegne di danza nazionali, effettuata dal Ministero della cultura, il Teatro Stabile dell’Umbria si è collocato al primo posto nel primo sottoinsieme , insieme al Teatro di Roma, al Teatro Metastasio e al Teatro comunale di Vicenza. Quali aspetti della programmazione sono stati valutati favorevolmente?
M.B. Una piccola premessa, noi come Teatro Stabile dell’Umbria riceviamo finanziamenti, all’interno dell’articolo 29, per tutta la programmazione della danza. Per quello che riguarda la valutazione ministeriale di cui parliamo, ci siamo ritrovati, insieme ai Teatri qui citati, all’interno del primo sottoinsieme, o cluster, ministeriale, con il massimo punteggio. A premiarci è stata la somma delle valutazioni del Ministero, di per sé abbastanza complessa e frutto di una valutazione sulla qualità artistica, rispondente a vari parametri, e di una quantitativa.
Ritornando alla qualità artistica…
È solo una parte, ma il punteggio ricevuto è fra i più alti. Incidono, di fatto, come abbiamo visto, anche tutti i parametri quantitativi e gestionali.
Ci sono stati cambiamenti nella programmazione rispetto agli ultimi anni?
Sì, ci sono state delle novità rispetto all’approccio alla programmazione della danza. Si continuano a programmare i vari teatri umbri con proposte che pongono molta attenzione all’autorialità e alla produzione contemporanea. Sicuramente la novità più significativa è la proposta di una rassegna dedicata esclusivamente alla danza contemporanea.
Insieme al direttore Nino Marino che è anche direttore artistico del Tsu, abbiamo deciso di investire in maniera importante sulla proposta dei nuovi linguaggi della scena. In questo, ha contribuito anche il momento storico legato alla pandemia e alla lunga pausa forzata.
Abbiamo riflettuto sull’importanza, non solo di investire sui nuovi linguaggi, ma di non rappresentarli all’interno di un festival o di un sistema chiuso. Un sistema che non entrasse in dialogo con tutta la programmazione. Al contrario, la nostra rassegna, che si è svolta al Morlacchi, uno dei palcoscenici più importanti dell’Umbria, ha attraversato tutto il periodo dell’anno accompagnando in qualche modo la stagione ed intercettando nuove tipologie di pubblico: oltre al pubblico tradizionale della danza, nuovi pubblici.
Quali nuovi pubblici ha conquistato la danza contemporanea?
Sicuramente molti giovani, in prevalenza studenti universitari ma non solo. Questo è stato possibile anche grazie ad un progetto realizzato ad hoc. Abbiamo lavorato, infatti, per poter offrire agli studenti universitari e a studenti provenienti da accademie e da alcune scuole di danza convenzionate, degli ingressi ad un prezzo agevolato al costo simbolico di un euro.
Quindi i giovani amano la danza contemporanea, il problema è il costo del biglietto?
Non credo che sia solo un problema di costo, anche se questa iniziativa ha senza dubbio facilitato l’accesso di un pubblico giovane, un risultato per nulla scontato, per molti una sfida bella e buona. Grazie alla stretta collaborazione con l’Università degli Studi di Perugia, da qualche anno socia della Fondazione Tsu, siamo riusciti a raggiungere direttamente tutti gli studenti di Perugia attraverso una newsletter dedicata. Gli studenti, presentando semplicemente il tesserino, hanno avuto accesso agli ingressi ad un euro.
Tra i 250 ed i 280 spettatori all’appuntamento di danza contemporanea “Perché non ballate?” ospitato dal Teatro Morlacchi
La loro risposta in termini di affluenza ci ha “sorpreso” positivamente premiando la rassegna di danza contemporanea che nasce come “La danza del giovedì” e prosegue ora con il nome “Perché non ballate?”, con una media di 250, 280 spettatori a spettacolo. Un numero costante su due anni di rassegna.
Quanto sono importanti la danza contemporanea ed i suoi nuovi linguaggi nel nostro panorama culturale?
Le arti performative in genere, essendo la forma artistica più vicino alla vita, c’è bisogno che siano in stretta connessione con la vita reale; quindi, che anche i linguaggi stessi si rinnovino in continuazione per essere credibili e per parlare alle persone.
Isabella Rossi